

27.07.2020
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Ricerca, Solari
Protezione solare, vitamina D e filtri fotostabili
Dott. Riccardo Matera
Il nostro caratteristico colorito dipende dalla quantità e dalla qualità della melanina presente nella nostra pelle e ciò concorre a definire il nostro fototipo[1] cioè la personale sensibilità all’esposizione solare. È ormai diffusa l’abitudine di scegliere creme solari dal fattore di protezione solare (SPF – sun protection factor) adeguato al nostro fototipo per una protezione solare ottimale. Sono notissimi gli effetti benefici del sole sull’umore ma anche la stimolazione di Vitamina D, fattore essenziale per il benessere delle nostre ossa e del sistema immunitario.
Le creme solari impediscono la produzione di vitamina D?
La conversione della Vitamina D nella pelle da forma inattiva verso la forma attiva è una reazione che richiede molto meno tempo dell’abbronzatura quindi anche brevi esposizioni sono vantaggiose per l’organismo. Talvolta, fonti poco autorevoli sostengono che la protezione solare eluda questi effetti benefici ma è ormai riconosciuto che le persone che usano regolarmente i filtri solari sono le stesse che amano stare maggior tempo al sole che in definitiva tendono ad avere livelli alti di vitamina D, infatti, recenti studi hanno confermato che l’uso regolare dei filtri solari non causa una deplezione di vitamina D[2].
Mentre sei al sole, applica la protezione solare indicata per il tuo fototipo avendo cura di utilizzare una protezione più alta all’inizio della stagione estiva. Applica la crema solare 20 minuti prima di esporti al sole e riapplicala ancora ogni 2 o 3 ore specialmente dopo l’immersione in acqua o una sudorazione eccessiva.
È noto che l’intensità della radiazione dipende da diversi fattori come la latitudine, l’altitudine, l’ora del giorno, la presenza di nuvole, il potere riflettente dell’ambiente. Generalmente pelli molto chiare necessitano di protezioni solari alte, in genere 30 o 50+.
Ma cosa indica in realtà il numero dell’SPF?
Il numero dell’SPF indica la quantità di radiazione UVB che potenzialmente raggiunge la pelle se la crema solare è applicata seguendo le indicazioni opportune. Una protezione solare SPF30 permette che circa 1/30 (3.3%) della radiazione UV sia assorbita dalla pelle, filtrandone quindi il 96.7%. Invece, una protezione SPF50 si stima filtri il 98% della radiazione UV lasciando che solo 1/50 (2%) raggiunga la pelle. SPF30 o SPF50 forniscono entrambi un’ottima protezione se applicati correttamente. Conserviamo le creme solari al riparo dal calore e usiamo una quantità abbondante di prodotto. Generalmente un adulto necessita di circa 5 g (un cucchiaino) per il volto e il decolleté, uno per braccio o gamba e uno per la parte frontale e posteriore del corpo. Generalmente circa 35 mL di crema solare per ogni applicazione su tutto il corpo.
Quali filtri solari scegliere?
Una crema solare ad ampio spettro riesce a filtrare sia la radiazione UVA che UVB. La radiazione UVA penetra profondamente nella pelle, interagendo con le cellule del derma causando effetti a lungo termine come rughe, perdita di tono ed elasticità cutanea, foto-invecchiamento, discromie ed iper-pigmentazione contribuendo allo sviluppo di tumori della pelle. I raggi UVB si fermano agli strati superficiali della pelle agendo a livello dell’epidermide e sono i principali responsabili dell’abbronzatura, ma anche delle scottature, degli eritemi solari e delle reazioni allergiche. È quindi importante proteggere la pelle sia dai raggi UVA che dagli UVB. Un aspetto importante per la nostra sicurezza al sole è la fotostabilità dei filtri solari alla radiazione. Filtri poco fotostabili, una volta assorbita la radiazione, vengono danneggiati velocemente non assolvendo più alla loro funzione. Come descritto in un nostro precedente approfondimento, scegliamo filtri solari dall’alta fotostabilità come nelle formulazioni BeC con i filtri fotostabili di alta qualità.
Dopo aver preso tutte le accortezze di buonsenso come: proteggere il capo, usare abiti coprenti e avere l’abitudine di usare occhiali da sole, ricordati di usare una adeguata protezione solare: la tua ultima difesa dagli eritemi solari!

[1] Kawada A. Risk and preventive factors for skin phototype. J Dermatol Sci. 2000;23 Suppl 1:S27‐S29. doi:10.1016/s0923-1811(99)00074-2
[2] Passeron T, Bouillon R, Callender V, et al. Sunscreen photoprotection and vitamin D status. Br J Dermatol. 2019;181(5):916‐931. doi:10.1111/bjd.17992
Acidi grassi (saturi, mono-insaturi e poli-insaturi)
Vengono comunemente chiamati acidi grassi gli acidi organici che si riscontrano nella composizione dei lipidi cioè negli oli e grassi animali e vegetali, sia in forma libera, che in forma di esteri con il glicerolo (es. nei trigliceridi) o con alcoli “grassi”, cioè alcoli a lunga catena, per formare le cere. Gli acidi grassi sono acidi carbossilici (formula R-COOH) che hanno una lunga catena carboniosa (R), a differenza dei comuni acidi organici come l’acido acetico e l’acido propionico che hanno in tutto 2 o 3 atomi di carbonio, rispettivamente. Gli acidi grassi si definiscono saturi se non hanno doppi legami carbonio-carbonio, (chiamati “insaturazioni”), si definiscono mono-insaturi se ne hanno solo uno, si definiscono poli-insaturi se hanno due o più doppi legami (vedi figura). La dicitura omega-3 (ω-3) o omega-6 (ω-3), si riferisce alla posizione del primo doppio legame a partire dal fondo della catena di atomi di carbonio: se il primo doppio legame si incontra dopo 3 atomi di carbonio l’acido grasso è classificato come, omega-3, se dopo sei atomi di carbonio omega-6, come mostrato nella figura. I più comuni acidi grassi saturi sono l’acido palmitico (16 atomi di carbonio e nessun doppio legame, C16:0) e l’acido stearico (18 atomi di carbonio, 18:0), il più comune mono-insaturo è l’acido oleico, tipico dell’olio di oliva (18 atomi di carbonio ed 1 doppio legame in posizione 9, C18:1; ω-9), mentre i più comuni poli-insaturi sono l’acido linoleico e l’acido linolenico, capostipiti rispettivamente degli omega-6 e omega-3 (si veda la figura.
Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni
Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni sono messaggeri chimici o mediatori, cioè molecole che portano a specifiche cellule un messaggio e attivano o disattivano delle risposte metaboliche in tali cellule. Hanno quindi una funzione simile agli ormoni, solo che, a differenza di quanto fanno gli ormoni, il messaggio chimico viene portato solo a breve distanza cioè solo alle cellule che si trovano nelle vicinanze del luogo dove i mediatori sono stati prodotti. Esistono diverse prostaglandine, diversi trombossani e diversi leucotrieni che portano specifici messaggi. In molti casi questi funzionano da mediatori del processo infiammatorio, quindi innescano tutti gli eventi che sono coinvolti nell’infiammazione:
- vasodilatazione con conseguenza afflusso di sangue (rossore),
- aumento della permeabilità capillare con conseguente essudazione di liquidi (gonfiore o edema)
- stimolazione di segnali nervosi nocicettivi (dolore)
- richiamo in loco di cellule del sistema immunitario che attacchino un eventuale invasore (azione chemiotattica)
- attivazione della biosintesi di tessuto cicatriziale per rinforzare o riparare la parte colpita (anche se non ce n’è bisogno)
- generazioni di radicali liberi che possono distruggere chimicamente un invasore (ma danneggiano anche i nostri tessuti, cioè “sparano nel mucchio”).
Le prostaglandine e i trombossani però svolgo anche ruoli fisiologici importanti in condizioni di normalità, cioè in assenza di infiammazione. Ad esempio, regolano la secrezione di muco che protegge le pareti dello stomaco, regolano la biosintesi delle cartilagini e del liquido sinoviale nelle articolazioni, regolano la vasodilatazione, quindi il corretto afflusso di sangue nei vari distretti locali ed altre.
Ciclossigenasi e Lipoossigenasi e il processo infiammatorio
La ciclossigenasi e la lipoossigenasi sono le due famiglie di enzimi che vengono comunemente coinvolte nel processo infiammatorio, attraverso un complesso di reazioni che viene chiamato cascata dell’acido arachidonico. Tale complesso di reazioni si sviluppa così: un primo enzima, una fosfolipasi scinde i fosfolipidi delle membrane biologiche liberando l’acido arachidonico, un acido grasso poli-insaturo con 20 atomi di carbonio (acido eicosa-5Z,8Z,11Z,14Z-tetraenoico; C20:4; -6). L’acido arachidonico viene poi trasformato da due vie enzimatiche parallele, cioè da due famiglie di enzimi: la cicloossigenasi che lo straforma in prostaglandine e in trombossanie e la lipoossigenasi che lo trasforma in idroperossidi che a loro volta si trasformano in leucotrieni.
Esistono due isoforme della ciclossigenasi indicate con tipo 1 e tipo 2, brevemente COX-1 e COX-2. La COX-1 è l’enzima presente nella maggior parte delle cellule (tranne i globuli rossi), ed è costitutivo, cioè è presente sempre. La COX-2 è una isoforma inducibile di cicloossigenasi: è presente in modo costitutivo in alcuni organi come cervello, fegato, rene, stomaco, cuore e sistema vascolare, mentre può essere indotto (cioè sviluppato all’occorrenza) in seguito a stimoli infiammatori sulla pelle, i globuli bianchi e i muscoli.
Esistono vari tipi di lipoossigenasi che portano a prodotti diversi, la più importante nel processo infiammatorio è la 5-lipoossigenasi, 5-LOX.
Trigliceridi
I trigliceridi sono i principali componenti della maggior parte degli oli e grassi. Si tratta di molecole pesanti, non volatili e poco polari, insolubili in acqua, composte dal glicerolo (o glicerina) esterificato con tre molecole di acidi grassi: quindi è un tri-estere della glicerina, da cui deriva il nome. Ciascun acido grasso contiene da 8 a 22 atomi di carbonio (comunemente da 16 a 18) e può essere saturo, mono-insaturo o poli-insaturo. La dimensione degli acidi grassi e la loro saturazione determina le proprietà fisiche e sensoriali dei trigliceridi, che possono apparire come oli (liquidi a temperatura ambiente) o grassi (solidi o semisolidi) e possono avere maggiore o minore untuosità e scorrevolezza sulla pelle. I trigliceridi insaturi o con acidi grassi più corti sono più fluidi ed hanno maggiore scorrevolezza.
Terpeni e terpenoidi

I terpeni o terpenoidi sono una grande famiglia molecole naturali, tipicamente contenenti da 10 a 30 atomi di carbonio, che vengono biosintetizzate a partire da un “mattone” comune, l’isopentenil pirofosfato (IPP), contente 5 atomi di carbonio (vedi figura). La scoperta che il mattone ripetitivo consta di 5 atomi di carbonio è relativamente recente, mentre un tempo si era ipotizzato l’intera famiglia fosse creata con la ripetizione di un mattone di 10 atomi di carbonio, che fu chiamato “terpene”. Pertanto vennero chiamati mono-terpeni le molecole di 10 atomi di carbonio (come il limonene, vedi figura) cioè composte da un solo mattone, diterpeni quelle con 20 atomi di carbonio (es. il cafestolo che da’ l’aroma al caffè), triterpeni quelle con 30 atomi di carbonio (es. il beta-carotene). Poiché si trovarono anche molecole fatte da 15 atomi di carbonio (come il bisabololo) si pensò che contenessero un terpene e mezzo e vennero chiamate sesquiterpeni (dal latino semis = mezzo + atque = e). Oggi si sa che l’unità ripetitiva è composta da 5 atomi di carbonio, pertanto è facile capire come i mono-terpeni ne contengano due (vedi figura), i sesquiterpeni tre, i diterpeni quattro, i triterpeni sei.