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19.02.2021

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Unghie incarnite: cause, sintomi e rimedi


Dott. Simone Gabbanini


Cosa sono le unghie incarnite?


L’onicocriptosi (dal greco unghia nascosta) volgarmente chiamata unghia incarnita, è una condizione dolorosa che si verifica quando i bordi o gli angoli delle unghie crescono nella pelle vicino all’unghia. Ciò provoca gonfiore e dolore e può evolvere in infezione del margine dell’unghia che si può propagare alla cute e all’osso. È un disturbo piuttosto frequente e si stima che affligga dal 2 al 5% della popolazione. Generalmente si manifesta nei piedi, raramente nelle mani, e il dito più soggetto a questa patologia è l’alluce.


Quali sono le cause delle unghie incarnite?


Le cause che favoriscono l’insorgenza dell’unghia incarnita sono molteplici. Una delle principali è rappresentata dal modo errato con cui vengono tagliate le unghie dei piedi. In effetti, è dimostrato che smussare le unghie lateralmente, anziché lasciare un margine dritto, favorisce una crescita delle stesse all’interno della pelle lacerandola e provocando infezione.


Altri fattori che aiutano l’insorgenza del fenomeno sono:

  • Utilizzo di calzature troppo strette che esercitano molta pressione sugli alluci
  • Unghie irregolari, ispessite e ricurve (frequenti in età avanzata)
  • Una cattiva postura
  • Infortuni come la caduta di oggetti pesanti sull’unghia del piede
  • Traumi ripetuti come la corsa sportiva, o il calciare ripetutamente un pallone da calcio

Un’altra causa non trascurabile consiste in un’igiene impropria come, per esempio, non tenere i piedi puliti e asciutti, soprattutto in caso di eccessiva sudorazione, condizione che si verifica spesso negli adolescenti.


Come si manifesta l’unghia incarnita? E quali sono i sintomi?


Non è del tutto chiaro se l’evento determinante sia la crescita anomala dall’unghia all’interno della cute, oppure se si tratti di un’eccessiva proliferazione della pelle a contatto con la superficie laterale dell’unghia.

In ogni caso il risultato è un contatto troppo stretto tra unghia e plica cutanea, con conseguente manifestazione dolorosa che aumenta se si cammina o si indossano calzature. Inizialmente il dito colpito si presenta gonfio e arrossato. Se l’infiammazione dura a lungo, possono svilupparsi indurimento della cute, infezione batterica con fuoriuscita di materiale purulento e formazione di tessuto di granulazione crosta in eccesso.


Come vengono diagnosticate le unghie incarnite?


L’unghia incarnita è facilmente riconoscibile dal podologo, per cui la diagnosi è estremamente semplice. Solo in alcuni casi può rendersi necessaria una radiografia per mostrare quanto in profondità l’unghia è cresciuta nella pelle. Una radiografia può anche rivelare, se l’unghia incarnita è stata causata da un infortunio, che non vi siano fratture a carico delle ossa del piede.


Come curare un’unghia incarnita?


Rivolgersi a figure professionali ed evitare il fai da te è sicuramente la strada migliore da seguire, tuttavia, in base alla gravità della condizione, si possono seguire due linee di trattamento:

  • Nei casi meno severi quando il problema è superficiale e non è presente dolore o pus, il trattamento è per lo più di tipo conservativo e prevede numerosi pediluvi in acqua molto calda, l’applicazione quotidiana di un antibatterico, indossare calzature larghe o aperte, tagliare correttamente le unghie evitando di arrotondare i contorni, trattare l’eccessiva sudorazione o eventuali onicomicosi. Si può anche esercitare una trazione tramite l’utilizzo di una garza, sulla lamina ungueale in modo da distanziare il bordo dell’unghia dalla cute e così ridurre la pressione e il dolore.

  • Quando l’unghia incarnita cresce profondamente nella pelle creando infezione, dolore ed altre complicazioni, è necessario ricorrere ad un intervento di avulsione, ovvero estrazione chirurgica parziale o totale della lamina ungueale, oppure di rimozione della cute in eccesso che sovrasta la piega ungueale laterale, riducendo la pressione sull’unghia.

Come si può prevenire?


I consigli utili per prevenire l’insorgenza delle unghie incarnite sono gli stessi da attuare in caso di onicocriptosi già presente. Uno dei migliori è senza dubbio quello di tagliare le unghie in modo corretto, quindi evitare di accorciarle troppo ed eseguire un taglio orizzontale, mai arrotondato.


Altri comportamenti e accorgimenti utili consistono nell’indossare calzature comode e non troppo strette, mantenere una corretta igiene personale lavando i piedi quotidianamente, asciugandoli con cura e cambiando i calzini frequentemente. Prediligere calzini in tessuti naturali e traspiranti, evitando se possibile quelli in tessuti sintetici.


L’igiene quotidiana del piede è sicuramente una pratica molto utile nella prevenzione dell’unghia incarnita.

In modo particolare quattro prodotti studiati nei laboratori BeC si sono rivelati estremamente efficaci nel trattamento di questa condizione e si prestano ad essere inseriti in una routine di uso quotidiano:

  1. Esegui un pediluvio per circa 10 minuti con acqua molto calda in cui hai aggiunto Liquido Sanitizzante L.S. Questo prodotto, grazie alla presenza di preziosi oli essenziali quali Lavanda, Timo e Limone svolge una profonda azione antisettica.
  2. Dopo aver asciugato accuratamente i piedi, utilizza qualche goccia di Olio essenziale di limone ad elevata azione antifungina e anti batterica per preparare la pelle all’azione del trattamento successivo.
  3. Applica sulla zona interessata la Crema Balsamo C.R.B. ad azione lenitiva ed anti infiammatoria grazie alla presenza di olio essenziale di Camomilla Matricaria.
  4. Applica Crema C.R.P. su tutto il piede per una sensazione di freschezza e sollievo.

Acidi grassi (saturi, mono-insaturi e poli-insaturi)

Vengono comunemente chiamati acidi grassi gli acidi organici che si riscontrano nella composizione dei lipidi cioè negli oli e grassi animali e vegetali, sia in forma libera, che in forma di esteri con il glicerolo (es. nei trigliceridi) o con alcoli “grassi”, cioè alcoli a lunga catena, per formare le cere. Gli acidi grassi sono acidi carbossilici (formula R-COOH) che hanno una lunga catena carboniosa (R), a differenza dei comuni acidi organici come l’acido acetico e l’acido propionico che hanno in tutto 2 o 3 atomi di carbonio, rispettivamente. Gli acidi grassi si definiscono saturi se non hanno doppi legami carbonio-carbonio, (chiamati “insaturazioni”), si definiscono mono-insaturi se ne hanno solo uno, si definiscono poli-insaturi se hanno due o più doppi legami (vedi figura). La dicitura omega-3 (ω-3) o omega-6 (ω-3), si riferisce alla posizione del primo doppio legame a partire dal fondo della catena di atomi di carbonio: se il primo doppio legame si incontra dopo 3 atomi di carbonio l’acido grasso è classificato come, omega-3, se dopo sei atomi di carbonio omega-6, come mostrato nella figura. I più comuni acidi grassi saturi sono l’acido palmitico (16 atomi di carbonio e nessun doppio legame, C16:0) e l’acido stearico (18 atomi di carbonio, 18:0), il più comune mono-insaturo è l’acido oleico, tipico dell’olio di oliva (18 atomi di carbonio ed 1 doppio legame in posizione 9, C18:1; ω-9), mentre i più comuni poli-insaturi sono l’acido linoleico e l’acido linolenico, capostipiti rispettivamente degli omega-6 e omega-3 (si veda la figura.

Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni

Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni sono messaggeri chimici o mediatori, cioè molecole che portano a specifiche cellule un messaggio e attivano o disattivano delle risposte metaboliche in tali cellule. Hanno quindi una funzione simile agli ormoni, solo che, a differenza di quanto fanno gli ormoni, il messaggio chimico viene portato solo a breve distanza cioè solo alle cellule che si trovano nelle vicinanze del luogo dove i mediatori sono stati prodotti. Esistono diverse prostaglandine, diversi trombossani e diversi leucotrieni che portano specifici messaggi. In molti casi questi funzionano da mediatori del processo infiammatorio, quindi innescano tutti gli eventi che sono coinvolti nell’infiammazione:

  • vasodilatazione con conseguenza afflusso di sangue (rossore),
  • aumento della permeabilità capillare con conseguente essudazione di liquidi (gonfiore o edema)
  • stimolazione di segnali nervosi nocicettivi (dolore)
  • richiamo in loco di cellule del sistema immunitario che attacchino un eventuale invasore (azione chemiotattica)
  • attivazione della biosintesi di tessuto cicatriziale per rinforzare o riparare la parte colpita (anche se non ce n’è bisogno)
  • generazioni di radicali liberi che possono distruggere chimicamente un invasore (ma danneggiano anche i nostri tessuti, cioè “sparano nel mucchio”).

Le prostaglandine e i trombossani però svolgo anche ruoli fisiologici importanti in condizioni di normalità, cioè in assenza di infiammazione. Ad esempio, regolano la secrezione di muco che protegge le pareti dello stomaco, regolano la biosintesi delle cartilagini e del liquido sinoviale nelle articolazioni, regolano la vasodilatazione, quindi il corretto afflusso di sangue nei vari distretti locali ed altre.

Ciclossigenasi e Lipoossigenasi e il processo infiammatorio

La ciclossigenasi e la lipoossigenasi sono le due famiglie di enzimi che vengono comunemente coinvolte nel processo infiammatorio, attraverso un complesso di reazioni che viene chiamato cascata dell’acido arachidonico. Tale complesso di reazioni si sviluppa così: un primo enzima, una fosfolipasi scinde i fosfolipidi delle membrane biologiche liberando l’acido arachidonico, un acido grasso poli-insaturo con 20 atomi di carbonio (acido eicosa-5Z,8Z,11Z,14Z-tetraenoico; C20:4; -6). L’acido arachidonico viene poi trasformato da due vie enzimatiche parallele, cioè da due famiglie di enzimi: la cicloossigenasi che lo straforma in prostaglandine e in trombossanie e la lipoossigenasi che lo trasforma in idroperossidi che a loro volta si trasformano in leucotrieni.
Esistono due isoforme della ciclossigenasi indicate con tipo 1 e tipo 2, brevemente COX-1 e COX-2. La COX-1 è l’enzima presente nella maggior parte delle cellule (tranne i globuli rossi), ed è costitutivo, cioè è presente sempre. La COX-2 è una isoforma inducibile di cicloossigenasi: è presente in modo costitutivo in alcuni organi come cervello, fegato, rene, stomaco, cuore e sistema vascolare, mentre può essere indotto (cioè sviluppato all’occorrenza) in seguito a stimoli infiammatori sulla pelle, i globuli bianchi e i muscoli.
Esistono vari tipi di lipoossigenasi che portano a prodotti diversi, la più importante nel processo infiammatorio è la 5-lipoossigenasi, 5-LOX.

Trigliceridi

I trigliceridi sono i principali componenti della maggior parte degli oli e grassi. Si tratta di molecole pesanti, non volatili e poco polari, insolubili in acqua, composte dal glicerolo (o glicerina) esterificato con tre molecole di acidi grassi: quindi è un tri-estere della glicerina, da cui deriva il nome. Ciascun acido grasso contiene da 8 a 22 atomi di carbonio (comunemente da 16 a 18) e può essere saturo, mono-insaturo o poli-insaturo. La dimensione degli acidi grassi e la loro saturazione determina le proprietà fisiche e sensoriali dei trigliceridi, che possono apparire come oli (liquidi a temperatura ambiente) o grassi (solidi o semisolidi) e possono avere maggiore o minore untuosità e scorrevolezza sulla pelle. I trigliceridi insaturi o con acidi grassi più corti sono più fluidi ed hanno maggiore scorrevolezza.

Terpeni e terpenoidi

I terpeni o terpenoidi sono una grande famiglia molecole naturali, tipicamente contenenti da 10 a 30 atomi di carbonio, che vengono biosintetizzate a partire da un “mattone” comune, l’isopentenil pirofosfato (IPP), contente 5 atomi di carbonio (vedi figura). La scoperta che il mattone ripetitivo consta di 5 atomi di carbonio è relativamente recente, mentre un tempo si era ipotizzato l’intera famiglia fosse creata con la ripetizione di un mattone di 10 atomi di carbonio, che fu chiamato “terpene”. Pertanto vennero chiamati mono-terpeni le molecole di 10 atomi di carbonio (come il limonene, vedi figura) cioè composte da un solo mattone, diterpeni quelle con 20 atomi di carbonio (es. il cafestolo che da’ l’aroma al caffè), triterpeni quelle con 30 atomi di carbonio (es. il beta-carotene). Poiché si trovarono anche molecole fatte da 15 atomi di carbonio (come il bisabololo) si pensò che contenessero un terpene e mezzo e vennero chiamate sesquiterpeni (dal latino semis = mezzo + atque = e). Oggi si sa che l’unità ripetitiva è composta da 5 atomi di carbonio, pertanto è facile capire come i mono-terpeni ne contengano due (vedi figura), i sesquiterpeni tre, i diterpeni quattro, i triterpeni sei.