17.12.2020

-

Come prendersi cura della pelle tatuata

Prof. Luca Valgimigli


Il tatuaggio è una forma di comunicazione, una forma d’arte in cui la propria pelle viene utilizzata come la tela di un pittore, un modo per esprimersi e parlare di sé, così come lo sono l’abbigliamento e la cura del proprio corpo.

Questa forma di visual art ha visto crescere la sua popolarità e diffusione in modo esponenziale negli ultimi 20 anni facendo sorgere importanti quesiti; tra questi uno in particolare: com’ è opportuno trattare la pelle tatuata?


Di certo la nostra pelle non è una tela, in quanto è viva ed è in continua trasformazione. Nel farlo inevitabilmente interagisce con i pigmenti che ospita, con due importanti conseguenze. La prima è che i pigmenti potrebbero causare interazioni infiammatorie o allergiche; la seconda è che i pigmenti potrebbero diffondere, venire alterati o venire gradualmente rimossi, rovinando il “dipinto”.


Quali reazioni cutanee possono presentarsi dopo un tatuaggio e come intervenire?


In un articolo divulgativo la AAD (American Academy of Dermatology) identifica diverse possibili reazioni cutanee che potrebbero presentarsi in seguito ad un tatuaggio.

Tra queste, l’infezione cutanea che potrebbe presentarsi subito dopo essersi tatuati o dopo breve tempo è la più prevedibile, ma anche la più facile da gestire, e può essere normalmente evitata da un tatuatore esperto, con opportune precauzioni igieniche ed un comportamento responsabile da parte del tatuato. Se qualcosa andasse storto è tuttavia consigliabile contattare un medico.

Una reazione allergica ai componenti dei pigmenti potrebbe essere più subdola e presentarsi anche dopo anni. Nei casi più severi richiede l’intervento medico, ma in casi più lievi il problema può essere transitorio e può essere trattato con prodotti lenitivi-protettivi particolarmente delicati come lino-dÉrmA pensata per la dermatite dei neonati, se si vuole usare un rimedio naturale senza ricorrere alla classica pomata al cortisone.


La foto-sensibilizzazione o “allergia al sole” è un’altra delle possibili interazioni negative, dovuta al fatto che i pigmenti, pur non essendo di per sé tossici o irritanti per la pelle, assorbono la luce del sole e possono agire da trasferitori di energia nei confronti della pelle, causando eritemi.

E’ sempre opportuno esporsi al sole proteggendo le aree tatuate con una protezione molto alta nei primi periodi dopo il tatuaggio, possibilmente con un prodotto molto delicato, fotostabile e privo di allergeni come la Crema Solare SPF50+; tuttavia, anche quando il tatuaggio è ben “integrato” nella nostra pelle è sempre consigliabile esporsi al sole con una buona protezione come la Crema Solare SPF30 e rinnovare l’applicazione più volte in caso di esposizione prolungata.

In alcuni rari casi Il tatuaggio potrebbe innescare malattie infiammatorie o autoimmuni della pelle come la psoriasi, la vitiligine, il lichen planus o altre, fungendo cioè da innesco di un disturbo latente, anche senza che questo sia la reale conseguenza dei pigmenti usati nel tatuaggio.

Infine, raramente, alcuni pigmenti potrebbero provocare “bruciature della pelle” quando ci si sottopone a metodi di diagnosi medica come la risonanza magnetica (RMN) per la loro interazione con i forti campi magnetici ed elettromagnetici cui si viene sottoposti.


In che modo il tatuaggio potrebbe rovinarsi? Quali cose vanno evitate se si ha un tatuaggio?


Il primo consiglio indicato dalla AAD è di evitare prodotti cosmetici a base di petrolati sulla pelle tatuata! Se ci fosse bisogno di un ulteriore buon motivo per evitare i petrolati, eccolo qui: causano la diffusione del pigmento nella pelle, lo scolorimento del tatuaggio e la comparsa di “sbavature” del disegno.

Il secondo buon consiglio è quello di proteggere sempre il tatuaggio dal sole. Oltre al problema della foto-sensibilizzazione, che riguarda la nostra pelle, i pigmenti del tatuaggio potrebbero andare incontro a foto-degradazione, cioè danneggiarsi chimicamente per azione della radiazione UV, scolorendo o cambiando colore. Quindi l’esposizione eccessiva al sole può provocare un evidente danno al tatuaggio, che sarà irreversibile.

Infine, è molto importante evitare la disidratazione e la secchezza della pelle. La nostra pelle perde continuamente acqua sotto forma di vapore, anche se questo processo è rallentato dal film idrolipidico protettivo.

La frequente detersione, che è una giusta esigenza igienica, impoverisce il film idrolipidico aumentando la disidratazione. Oltre a scegliere detergenti delicati che rispettino il film idrolipidico come Shampoo & Doccia, è sempre importante mantenere la pelle idratata applicando prodotti idonei.

Questo vale sia per gli uomini che per le donne, e diventa indispensabile nel caso della pelle tatuata. La scarsa idratazione porta a desquamazione (anche se non apparente) e perdita del pigmento, con la conseguenza che il tatuaggio poco a poco diventerà più sbiadito o scolorito.


Come mantenere la pelle tatuata in perfetta salute proteggendo il tatuaggio?


Come abbiamo visto, è importante mantenere sempre la pelle idratata con prodotti delicati che rispettino la fisiologia della pelle. E’ anche importante evitare i petrolati e i prodotti che li contengono: al contrario di quanto molti erroneamente pensano, possono rovinare il tatuaggio e causarne lo scolorimento.

E’ consigliabile idratare la pelle con una crema naturale che lenisca eventuali irritazioni, protegga la pelle e ne mantenga l’elasticità. BeC consiglia due formulazioni che racchiudono tutte questi requisiti e sono ideali per la salute la pelle tatuata: SE’, una crema corpo interamente naturale molto ricca di antiossidanti che svolge anche azione tonificante sulla microcircolazione e BodyBi una crema biologica estremamente delicata e dal tatto leggero, per rispondere alle esigenze di diversi tipi di pelle.

Non dimentichiamoci poi di proteggere il nostro tatuaggio dal sole: si consiglia di applicare Crema Solare SPF30 ogni volta che ci esponiamo al sole, possibilmente applicandola 15 minuti di esporsi per dare il tempo alla pelle di assorbirla a pieno.

Acidi grassi (saturi, mono-insaturi e poli-insaturi)

Vengono comunemente chiamati acidi grassi gli acidi organici che si riscontrano nella composizione dei lipidi cioè negli oli e grassi animali e vegetali, sia in forma libera, che in forma di esteri con il glicerolo (es. nei trigliceridi) o con alcoli “grassi”, cioè alcoli a lunga catena, per formare le cere. Gli acidi grassi sono acidi carbossilici (formula R-COOH) che hanno una lunga catena carboniosa (R), a differenza dei comuni acidi organici come l’acido acetico e l’acido propionico che hanno in tutto 2 o 3 atomi di carbonio, rispettivamente. Gli acidi grassi si definiscono saturi se non hanno doppi legami carbonio-carbonio, (chiamati “insaturazioni”), si definiscono mono-insaturi se ne hanno solo uno, si definiscono poli-insaturi se hanno due o più doppi legami (vedi figura). La dicitura omega-3 (ω-3) o omega-6 (ω-3), si riferisce alla posizione del primo doppio legame a partire dal fondo della catena di atomi di carbonio: se il primo doppio legame si incontra dopo 3 atomi di carbonio l’acido grasso è classificato come, omega-3, se dopo sei atomi di carbonio omega-6, come mostrato nella figura. I più comuni acidi grassi saturi sono l’acido palmitico (16 atomi di carbonio e nessun doppio legame, C16:0) e l’acido stearico (18 atomi di carbonio, 18:0), il più comune mono-insaturo è l’acido oleico, tipico dell’olio di oliva (18 atomi di carbonio ed 1 doppio legame in posizione 9, C18:1; ω-9), mentre i più comuni poli-insaturi sono l’acido linoleico e l’acido linolenico, capostipiti rispettivamente degli omega-6 e omega-3 (si veda la figura.

Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni

Prostaglandine, Trombossani, e Leucotrieni sono messaggeri chimici o mediatori, cioè molecole che portano a specifiche cellule un messaggio e attivano o disattivano delle risposte metaboliche in tali cellule. Hanno quindi una funzione simile agli ormoni, solo che, a differenza di quanto fanno gli ormoni, il messaggio chimico viene portato solo a breve distanza cioè solo alle cellule che si trovano nelle vicinanze del luogo dove i mediatori sono stati prodotti. Esistono diverse prostaglandine, diversi trombossani e diversi leucotrieni che portano specifici messaggi. In molti casi questi funzionano da mediatori del processo infiammatorio, quindi innescano tutti gli eventi che sono coinvolti nell’infiammazione:

  • vasodilatazione con conseguenza afflusso di sangue (rossore),
  • aumento della permeabilità capillare con conseguente essudazione di liquidi (gonfiore o edema)
  • stimolazione di segnali nervosi nocicettivi (dolore)
  • richiamo in loco di cellule del sistema immunitario che attacchino un eventuale invasore (azione chemiotattica)
  • attivazione della biosintesi di tessuto cicatriziale per rinforzare o riparare la parte colpita (anche se non ce n’è bisogno)
  • generazioni di radicali liberi che possono distruggere chimicamente un invasore (ma danneggiano anche i nostri tessuti, cioè “sparano nel mucchio”).

Le prostaglandine e i trombossani però svolgo anche ruoli fisiologici importanti in condizioni di normalità, cioè in assenza di infiammazione. Ad esempio, regolano la secrezione di muco che protegge le pareti dello stomaco, regolano la biosintesi delle cartilagini e del liquido sinoviale nelle articolazioni, regolano la vasodilatazione, quindi il corretto afflusso di sangue nei vari distretti locali ed altre.

Ciclossigenasi e Lipoossigenasi e il processo infiammatorio

La ciclossigenasi e la lipoossigenasi sono le due famiglie di enzimi che vengono comunemente coinvolte nel processo infiammatorio, attraverso un complesso di reazioni che viene chiamato cascata dell’acido arachidonico. Tale complesso di reazioni si sviluppa così: un primo enzima, una fosfolipasi scinde i fosfolipidi delle membrane biologiche liberando l’acido arachidonico, un acido grasso poli-insaturo con 20 atomi di carbonio (acido eicosa-5Z,8Z,11Z,14Z-tetraenoico; C20:4; -6). L’acido arachidonico viene poi trasformato da due vie enzimatiche parallele, cioè da due famiglie di enzimi: la cicloossigenasi che lo straforma in prostaglandine e in trombossanie e la lipoossigenasi che lo trasforma in idroperossidi che a loro volta si trasformano in leucotrieni.
Esistono due isoforme della ciclossigenasi indicate con tipo 1 e tipo 2, brevemente COX-1 e COX-2. La COX-1 è l’enzima presente nella maggior parte delle cellule (tranne i globuli rossi), ed è costitutivo, cioè è presente sempre. La COX-2 è una isoforma inducibile di cicloossigenasi: è presente in modo costitutivo in alcuni organi come cervello, fegato, rene, stomaco, cuore e sistema vascolare, mentre può essere indotto (cioè sviluppato all’occorrenza) in seguito a stimoli infiammatori sulla pelle, i globuli bianchi e i muscoli.
Esistono vari tipi di lipoossigenasi che portano a prodotti diversi, la più importante nel processo infiammatorio è la 5-lipoossigenasi, 5-LOX.

Trigliceridi

I trigliceridi sono i principali componenti della maggior parte degli oli e grassi. Si tratta di molecole pesanti, non volatili e poco polari, insolubili in acqua, composte dal glicerolo (o glicerina) esterificato con tre molecole di acidi grassi: quindi è un tri-estere della glicerina, da cui deriva il nome. Ciascun acido grasso contiene da 8 a 22 atomi di carbonio (comunemente da 16 a 18) e può essere saturo, mono-insaturo o poli-insaturo. La dimensione degli acidi grassi e la loro saturazione determina le proprietà fisiche e sensoriali dei trigliceridi, che possono apparire come oli (liquidi a temperatura ambiente) o grassi (solidi o semisolidi) e possono avere maggiore o minore untuosità e scorrevolezza sulla pelle. I trigliceridi insaturi o con acidi grassi più corti sono più fluidi ed hanno maggiore scorrevolezza.

Terpeni e terpenoidi

I terpeni o terpenoidi sono una grande famiglia molecole naturali, tipicamente contenenti da 10 a 30 atomi di carbonio, che vengono biosintetizzate a partire da un “mattone” comune, l’isopentenil pirofosfato (IPP), contente 5 atomi di carbonio (vedi figura). La scoperta che il mattone ripetitivo consta di 5 atomi di carbonio è relativamente recente, mentre un tempo si era ipotizzato l’intera famiglia fosse creata con la ripetizione di un mattone di 10 atomi di carbonio, che fu chiamato “terpene”. Pertanto vennero chiamati mono-terpeni le molecole di 10 atomi di carbonio (come il limonene, vedi figura) cioè composte da un solo mattone, diterpeni quelle con 20 atomi di carbonio (es. il cafestolo che da’ l’aroma al caffè), triterpeni quelle con 30 atomi di carbonio (es. il beta-carotene). Poiché si trovarono anche molecole fatte da 15 atomi di carbonio (come il bisabololo) si pensò che contenessero un terpene e mezzo e vennero chiamate sesquiterpeni (dal latino semis = mezzo + atque = e). Oggi si sa che l’unità ripetitiva è composta da 5 atomi di carbonio, pertanto è facile capire come i mono-terpeni ne contengano due (vedi figura), i sesquiterpeni tre, i diterpeni quattro, i triterpeni sei.